Quello di cui andrò a parlare in seguito è il mito riguardo la morte di Tycho Brahe.
Sebbene il suo corpo risposi in pace
da più di quattro secoli, ancora molti misteri circondano la morte
dell’astronomo danese: più di una volta, negli anni passati, si è sostenuto che
egli sarebbe caduto vittima di un complotto organizzato dal Sovrano di Danimarca in
persona o dall'assistente ed amico Keplero. Di contro, le cronache dell’epoca
raccontano che Tycho Brahe morì nel 1601 in seguito all'aggravarsi di
un’infezione alle vie urinarie. Una curiosa leggenda sostiene che il male
sarebbe nato in seguito allo scoppio della sua vescica, avvenuto durante
un banchetto: pare che abbandonare i commensali prima della conclusione del
ricevimento (anche solo per recarsi alla toilette) sarebbe stato segnale di
gravissima maleducazione. I resti dell’astronomo furono già
oggetto di una prima riesumazione nel 1901: gli esami sui peli della sua barba
rivelarono livelli elevati di mercurio, lasciando ampio spazio all'ipotesi di un
avvelenamento (tra i candidati assassini si annoverano astronomi rivali, con
Keplero primo tra tutti).
Jens Vellev, professore medievalista presso la danese Aarhus University, non del tutto soddisfatto delle conclusioni dell’indagine, nel 2010 chiese ed ottenne il permesso alle autorità della Chiesa di Santa Maria di Týn per riaprire la sepoltura, al fine di sfruttare le più recenti tecnologie su nuovi campioni. Sorprendentemente venne dichiarato da Kaare Lund Rasmussen, professore associato di chimica presso la University of Southern Denmark, «tutti i test svolti hanno dato il medesimo risultato: la concentrazione di mercurio non era sufficientemente alta da causare la sua morte. Infatti, le analisi chimiche eseguite sulle ossa rivelano che Tycho Brahe non fu esposto ad una quantità anormale di mercurio nell'arco degli ultimi dieci anni della sua vita». Attualmente, gli esperti sono ancora all'opera poiché, tuttavia, le cause del decesso non sono ancora state appurate: quel che è certo è che, se anche l’astronomo fosse stato avvelenato, non sarebbe stato il mercurio la sua pozione letale.
Attorno alla figura di Tycho Brahe, in verità, fiorì più di un mito. Si narra, ad esempio, che in gioventù perse una parte di naso durante uno scontro con un esponente della nobiltà danese: i due si erano sfidati ad un duello che avrebbe dovuto stabilire chi avesse maggior talento matematico. Per tutto il resto della vita, dunque, l’astronomo fu costretto a portare una piastra sostitutiva che, secondo la leggenda, sarebbe stata realizzata in argento e oro: in verità, già nel 1901 la protesi non era stata trovata nella tomba ma le tracce verdi identificate sulle ossa della regione nasale fecero ipotizzare che questa, invece, fosse in rame. Spiega il dottor Vellev: «Quando abbiamo riesumato il corpo nel 2010, abbiamo preso un piccolo campione dal naso al fine di esaminarne chimicamente la composizione. Sorprendentemente, le nostre analisi hanno confermato che la protesi non venne realizzata in un materiale prezioso, come si è pensato in precedenza: la colorazione verde ci fa concludere che essa contenesse in parti uguali rame e zinco, il che indica che fosse in ottone. Insomma, il celebre “naso d’argento” di Tycho Brahe non era d’argento, dopotutto.»
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